11 Gennaio 2021

L’infiltrazione endoarticolare: di cosa parliamo?

Una semplice iniezione e il farmaco arriva lì, dritto al punto: ma l’infiltrazione articolare è per tutti? Lo abbiamo chiesto al dr Pietro Galluccio, primario ortopedico della Casa di Cura.

 

Che cos’è l’infiltrazione endoarticolare?

La funzione dell’infiltrazione, ciò che la differenzia dagli altri tipi di iniezione (intramuscolo ed endovena), è immettere un principio chimico esattamente nella sede in cui si vuole che effettui la sua azione. Nella puntura intramuscolare, come suggerisce la parola, il medicinale viene iniettato in un muscolo, da cui poi verrà assorbito e rilasciato nel circolo sanguigno, perché agisca nella sede in cui è deputato ad agire. Ad essere rilasciato direttamente nel sangue, bypassando il muscolo, è invece il farmaco somministrato per endovena.

 

In che modo il farmaco infiltrato in articolazione esercita la sua funzione?

La capsula articolare è rivestita al suo interno da una membrana di tessuto connettivo detta “membrana sinoviale”, che produce una sostanza, il cosiddetto liquido sinoviale, che umetta l’articolazione e garantisce lo scorrimento delle superfici. Quando la sinovia s’infiamma, l’articolazione si presenta gonfia e dolente. E’ qui che entra in ballo l’infiltrazione di un farmaco (che in ambito ortopedico può essere più frequentemente un cortisonico o un acido ialuronico), con un effetto locale estremamente rapido.

 

A parità di principio attivo e di dosaggio, qual è il metodo più efficace? 

Dipende dal tipo di dolore e dalla sede colpita, ma in generale ciò che fa la differenza è il tempo d’azione del principio attivo contenuto in un medicinale. La stessa molecola, somministrata per bocca, intramuscolo o endovena, esercita la stessa identica azione, ma con tempistiche molto diverse. Se si ha un dolore violento, la modalità di assunzione cambia molto.

 

Fino a che punto le infiltrazioni sono valide, e quando invece è consigliabile optare per la via chirurgica?

Dipende dal principio attivo che si utilizza, oltre che dal quadro clinico del paziente. Sia i cortisonici che l’acido ialuronico, che come detto in precedenza sono i più utilizzati, agiscono sulla sinovite, quindi sull’infiammazione, non sulla causa. Spesso a determinare l’infiammazione è l’artrosi, che si risolve con la chirurgia protesica. Ma se il paziente rifiuta l’intervento, o è inoperabile per copatologie, età o altro, le infiltrazioni sono il “piano b” che può tenere a bada il dolore temporaneamente. Bisogna però essere chiari con il paziente, prospettargli una terapia valutando il rapporto costi-benefici e sapendo che, comunque, le infiltrazioni non sono mai l’alternativa alla chirurgia protesica. L’obiettivo non è azzerare un dolore di livello 10, ma farlo diventare di livello 5, più tollerabile, con il quale il paziente può convivere.